
Monica Cillario - Photographer

Scrive Fulvio Abbate: “Via Fonteiana, vista con gli occhi del presente, è una strada per ceti medi. Era invece il 1955 quando lo scrittore Pier Paolo Pasolini e sua madre Susanna Colussi, insegnante, presero a cercare un affitto, qualcosa di “decoroso”. Lo trovarono appunto al civico 86 di via Fonteiana, fra piazza Ottavilla e piazza Fonteiana, poco prima della discesa ulteriore di via Abate Ugone, la borgata di Donna Olimpia...
Monica Cillario ha fotografato i dettagli, ciò che resta di un paesaggio concreto e insieme epocale e poetico, ha cercato di restituire l’assenza, le ombre, un cosmo condominiale che ancora adesso suggerisce l’emozione dell’infanzia di un paese diviso fra memoria “civile” e indifferenza.
Il cofanetto d'artista edito in occasione della mostra è in vendita presso la galleria "Il Museo del Louvre" in via della Reginella n.28, a Roma

“La vedi quell’ultima finestra aperta, lassù in alto accostata al cielo? E’ proprio lì che Pasolini abitava, lì ha finito di scrivere ‘Le ceneri di Gramsci’, esattamente lì”.

Numeri romani; questa è Roma.

Basta uno zerbino per raccontare le stagioni, per spiegare il tempo, meglio di un cenotafio, una tomba.

“Sono l’ingegner Gadda, cercavo il signor Pasolini…” “E’ appena appena uscito, non l’ha visto?”

Nel riflesso delle maniglie, il suo aprile

“Signor Pasolini, sia gentile, non mi bussi alle quattro di notte, porti sempre con sé le chiavi del portone, grazie”.

La prospettiva di gesso e ducotone corre verso il sole; oh, la memoria condominiale.

Il teatro della portineria, il suo boccascena.

Anagrafe condominiale. Gli affittuari freschi di calce, d’inchiostro, di dopoguerra. L’intestatario è Carlo Alberto, il padre capitano di fanteria a riposo. Finalmente è Monteverde, il Nuovo. E’ Roma.

L’ossario della corrispondenza, dove il povero poeta sognava che fiorisse, rosso, un vaglia.

Non basta il piede destro di bronzo di San Pietro per intuire l’usura della materia, del tempo, per commuoversi; anche un pulsante d’ascensore, la sua prima e ultima lettera, può aspirare, a Roma, alla santità, alla poesia.

Dove abitava Pasolini, anche l’ascensore aveva il suo cielo.

L’infinito delle scale, l’infinito condominiale; il primo verso subito fuori la porta di casa.

“Sei tornato?” “Sì, mamma e papà, stasera restiamo tutti insieme a cena”.

Autoritratto edilizio degli anni Cinquanta, i più cari.

Ancora esiste, via Fonteiana.